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Novant’anni di storia, restando al passo coi tempi

Il direttore di Regusci Reco SA Severin Mastroianni si esprime sulla recente riorganizzazione e sulle prospettive che l’azienda si è posta per quest’anno.

Le prime tracce dell’azienda risalgono al 1925 quando Cesare Regusci creò una società individuale. È però nel 1931 che - dopo aver acquistato la ditta Nessi - decise di fondare la Regusci SA. All’epoca erano due le principali attività dell’azienda: la fornitura di materiale edile e carbone da riscaldamento e la vendita di prodotti sanitari e idraulici. Nel 1954 Orazio Regusci fondò la Reco SA che si occupava di distribuire materiali e prodotti sanitari. Due società diverse ma situate nella stessa sede a Bellinzona. Il 1974 è un’altra data importante in quanto il figlio di Orazio, Luca Regusci, rileva le due aziende. Decide di trasferire la Regusci SA in via San Gottardo e mantenere nella sede originale di viale Portone la Reco SA. Le ultime tre tappe sono significative. Nel 2008 entrambe le ditte aderiscono al gruppo irlandese CRH, leader mondiale nell’edilizia. Il 1. Aprile del 2011 si fondono dando vita all’attuale Regusci Reco SA che diventa leader cantonale per la distribuzione di materiale da costruzione e opere finite. Infine, il 1. Gennaio del 2020, l’azienda è stata acquistata dal gruppo di investitori internazionali Blackstone.


Da quasi due anni a capo dell’azienda c’è Severin Mastroianni. Con lui facciamo il punto della situazione partendo dalle radici di Regusci Reco SA.

Direttore Mastroianni, che emozione prova a tagliare questo traguardo?
Sono molto fiero di essere il responsabile di un’azienda che ha una storia importante come la Regusci Reco SA. Sono anche cosciente che è necessario dare il giusto peso e valore alla storia ma nello stesso tempo comprendere sia il sistema economico locale sia le esigenze internazionali. Noi abbiamo un buon grado di indipendenza, ma apparteniamo a un’azienda internazionale che si muove in un sistema moderno e dinamico. A mio giudizio è proprio questa la sfida più grande: far capire al Ticino e ai nostri collaboratori il momento che viviamo. Sono altresì cosciente che non è semplice comprendere una decisione che ha un respiro internazionale e che deve essere declinata in un contesto regionale. Perché la realtà ticinese è diversa da quella che si vive oltre san Gottardo o nel resto dell’Europa. Ma i due aspetti sono connessi e imprescindibili.


Lei è arrivato nel maggio del 2019. È già riuscito a incidere sull’azienda e a dare il suo contributo?
Credo di sì. Sono una persona molto diretta, chiara e ambiziosa. Avevo iniziato a lavorare a inizio 2019 e da subito mi sono accorto che mancava una strategia forte e chiara. Ho dovuto perciò agire in fretta e in modo importante e decisivo, iniziando dalla testa, dalla direzione dell’azienda. Quindi ho ristrutturato i processi aziendali e i costi (per esempio centralizzando il materiale che prima era sparso nei vari centri di Biasca, Bellinzona e Losone). Infine, ho allenato il mio team spiegando in modo chiaro gli obiettivi aziendali. Sono stato sin da subito diretto e non le nascondo che ci sono state anche alcune separazioni da chi non era d’accordo con la nuova linea aziendale. Tutti hanno avuto la possibilità di seguirla, c’è chi lo ha fatto e chi no. Ma era necessario un cambiamento forte, dopo sette direttori che si sono succeduti in soli otto anni.


Dopo un 2020 difficile questo è l’anno della ripresa?
Per fortuna nel settore delle Opere Grezze non abbiamo avuto perdite importanti perché la richiesta di materiale è sempre rimasta a un buon livello. Quindi continuiamo ad essere positivi e ottimisti, ma siamo anche pronti ad adeguarci a una situazione meno rosea. Per quel che riguarda le Opere Finite la situazione è stata più difficile. Il 2020 ha fatto segnare una perdita e capire oggi se quest’anno riusciremo a tornare ai livelli di prima è ora molto complicato. Io resto comunque positivo e spero che si possa raggiungere il livello fatto segnare nel 2019. In altre parole, ci aspettiamo il meglio ma siamo pronti anche al peggio.
La pandemia è stata vissuta in modo diverso dal Ticino rispetto al resto della Svizzera anche nella seconda ondata?
Assolutamente sì. C’è stato e c’è ancora un modo di gestire l’emergenza diverso da regione a regione. Per esempio, gli showroom dei prodotti sanitari sono aperti in tutto il Paese salvo che in Ticino.

Le autorità cantonali